A un prodotto, per conquistare su uno scaffale, pare siano necessari 5 secondi.
Questo – secondo PackWatch – il tempo sufficiente a un prodotto con una confezione ben riuscita, per farsi notare e acquistare o in caso contrario ignorare. In questi casi contano i colori, le forme, la multisensorialità. Ma anche la comunicazione sul prodotto stesso, che non deve più limitarsi a dare informazioni, ma spesso a trasmettere valori e comunicare col consumatore.
Queste sono le basi per realizzare un packaging che funzioni.
Premi come il Gran Premio Marketing e innovazione del 2007 dimostrano quanto possa incidere incidere sull’azione una comunicazione efficace, soprattutto se innovativa.
Per uno spot televisivo invece servono 30 secondi. In questo caso gli elementi vincenti per far ricordare (e acquistare) un prodotto giocano sull’ironia/la gag, sulla capacità di sorprendere, sulla tensione o su certi format consolidati ad episodi.
E per conquistare sul web? Quanto tempo ci vuole?
Jacob Nielsen sosteneva che il tempo necessario a un navigatore per decidere se restare o scappare via fosse di 10 secondi.
Forse oggi le cose sono un po’ cambiate, se non altro per la tendenza maggiore a sopportare intro in flash.
Bisognerebbe anche distinguere fra un sito “normale” o una landing page. In questo ultimo caso, la struttura e il contenuto della pagina sono stati studiati proprio per riuscire a convincere meglio il navigatore a leggere, a scorrere la pagina a volte lunga e ricca di testo, e infine a compiere l’azione richiesta.
Allora, quanto è il tempo minimo di permanenza che può convincere un utente a navigare nel sito? Se ne è parlato tempo fa nel forum GT.
L’esplosione di strumenti di web analytics in parte offre indicazioni utili sulla navigazione.
Una volta constatato che l’utente resta pochi secondi sulla propria home page, l’interrogativo successivo è come trattenerlo, come convincerlo a proseguire la visita, come trasformare l’esigenza che lo ha portato a cercare quella informazione, in un’azione (non per forza l’acquisto, può essere anche la registrazione, la consultazione, il download ecc.).
Una parte di studi interessanti sono quelli, già citati anche qui, di Eye Tracking.
Sarebbe interessante applicare anche a siti diversi dai motori di ricerca, studi come quelli di Enquiro (commentati egregiamente da Matteo di Tsw). A tal fine segnalo anche un post che vuole estendere l’analisi del comportamento del navigatore tramite lo studio dell’eye tracking, anche per siti che non siano motori di ricerca.
C’è ancora molto da capire e da studiare, gli appasionati di marketing lo sanno..